venerdì 17 marzo 2017

Una doppia vedovanza - Camere Separate, Pier Vittorio Tondelli




Io ho sempre voluto tutto Thomas. E mi sono sempre dovuto accontentare di qualcosa."


Pier Vittorio Tondelli, Camere separate


La lettura di Camere separate non è semplice. Si arriva alla fine stremati, prosciugati e con un vago senso di delusione nei confronti dell’amore.
Si potrebbe discutere se questo sia un libro d’amore o un libro sulla perdita. Io penso che sia entrambe le cose e che proprio per questo la lettura non sia così semplice.

La trama è essenziale: un uomo affronta la perdita del proprio compagno.
I personaggi sono pochi: abbiamo il narratore, Leo, uno scrittore di successo nato in un paesino della pianura padana che vive a Milano e viaggia per l’Europa. E poi abbiamo Thomas, un musicista tedesco con le idee confuse sul proprio futuro.
Il romanzo è diviso in tre parti, non chiaramente distinte, che dovrebbero rappresentare i tre movimenti di un brano musicale, ma la narrazione non è lineare e ci vengono proposti in ordine sparso stralci della vita del protagonista prima, durante e dopo la relazione con Thomas.
Il titolo del libro è dovuto ad un espressione usata dal protagonista per definire la sua relazione ideale: camere separate, ossia vivere insieme ma mantenendo i propri spazi. La relazione con Thomas funziona fintante che i due si vedono per viaggi, conferenze, occasioni sporadiche ma quando provano a convinvere finiscono per consumarsi a vicenda fino ad odiarsi.
E’ possibile che questa scelta sia collegata alla precedente relazione avuta da Leo con Hermann, un uomo incostante, inaffidabile e pericoloso che aveva portato Leo a separarsene nonostante il grande amore che provava per lui.
Ma se questo modello è adatto a Leo, alla luce del suo passato, non lo è per Thomas che invece vuole una presenza costante nella sua vita, qualcuno con cui condividere ogni singolo giorno nei suoi alti e bassi. Per questo ad un certo punto annuncia a Leo la sua relazione con una giovane ragazza che viene appena nominata e che Leo non conoscerà mai, pur provando una cocente gelosia.
Ma anche questo nuovo stato delle cose viene distrutto dalla malattia di Thomas, che arriva quasi all’improvviso e che non lascia a Leo il tempo di accettare la sua morte.
L’elemento che differenzia questo libro da altri affini è il modo in cui tratta il dolore.
Per la natura della loro relazione, scostante e imperfetta, gli amici di Leo non comprendono il dolore del protagonista.
Vitale per la comprensione di questo è un dialogo con uno dei suoi amici più cari, Rodolfo, posto quasi alla fine del libro:

“Thomas non è stata una grande storia, Leo” spiega. “Una personincina comune. Un musicista ben avviato alla carriera di fallito. Non sapeva chi era, né quello che voleva. Renditi conto che è più il tempo che stai impiegando a dimenticarlo di quello che hai effettivamente passato con lui. Potrei capire vent’anni. Una vita insieme. Ma perdio, Leo, è stato un flirt di tre anni! Uno qui e uno là. Avete vissuto insieme due mesi, tre, cinque a essere generosi. E tu stai perdendo la tua vita per qualche notte passata insieme a uno sconosciuto?"

E ancora, forse il passaggio più importante:

“Lui non era l’uomo giusto per te. E ti stai dannando proprio su questo errore.”
“Quale errore?”
“Che lui è morto, Leo. E tu no. Per questo lui non era il ragazzo giusto per te."


La negazione da parte degli altri del suo dolore impedisce a Leo di guarire. Thomas non era il compagno della vita, non avevano passato insieme la giovinezza, l’età adulta e la vecchiaia, eppure quel dolore che non dovrebbe neppure esistere non scompare.
Leo rimane un vedovo senza che nessuno gli riconosca lo stato di vedovo. Un doppio vedovo.
Questa tematica è altrettanto cara ad altri autori omosessuali, quella del non riconoscimento della perdita.

Per citarne uno su tutti, peraltro caro a Tondelli, Isherwood in Un uomo solo tratta di un uomo che, in seguito alla perdita del compagno, decide di uccidersi e il lettore segue assieme a lui la sua ultima giornata di vita, chiedendosi fino all’ultimo se si ucciderà o se sarà in grado di superare quel dolore.
Anche il protagonista di Un uomo solo subisce la sorte del doppio vedovo: nono essendo sposati, per ovvie ragioni, nessuno riconosce e accetta il suo dolore, nessuno va a fargli le condoglianze se non la sua amica più cara. Anche lui viene colto alla sprovvista dalla morte e anche lui, come Leo, non è neppure invitato ai funerali del compagno o accetato dalla famiglia.
Questi elementi lasciano aperta la ferita che è andata a crearsi, impedendo al protagonista di andare avanti.

E non è un caso che queste tematiche siano tanto care agli autori omosessuali, soprattutto uomini e soprattutto nel periodo degli anni ’80. Basta dare un’occhiata alle biografie di artisti, scrittori, attivisti gay di quel periodo per constatare il numero impressionante di decessi dovuti all’AIDS.
In quel periodo perdere un compagno a causa dell’AIDS era quasi la norma e al dolore si aggiungeva lo stigma della società che da un lato si rifiutava di ammettere il problema dall’altro lo considerava una “punizione divina” che colpiva gli omosessuali “promiscui”.
La causa della morte di Thomas non viene mai specificata, ma è possibile che sia da ricollegare all’AIDS. Ripensando poi alla biografia dell’autore, che nel periodo in cui si avviava alla conclusione del romanzo era ormai malato di AIDS, è possibile anche interpretare il finale del romanzo:


Ma fra qualche ora, fra un giorno, forse fra tre o cinque o vent’anni, lui sentirà una fitta diversa prendergli il petto o il respire o l’addome. Nonostante siano trascorsi tanti anni, o solo un’ora, ricorderà il suo amore e rivedrà gli occhi di Thomas come li ha visti quella volta. Allora saprà, con una determinazione anche commossa, disperata, che non c’è più niente da fare. Si avvierà alle sue cure, cambierà i letti negli ospedali, ma saprà sempre, in qualsiasi ora, che tutto sarà inutile, che per lui, finalmente, una buona volta, per grazia di Dio onnipotente, anche per lui e la sua metaphysical bug, la sua scrittura e i suoi Vondel o Madison, anche per tutti loro è giunto il momento di dirsi addio.


Camere Separate non è un romanzo semplice. Lo stile è complesso, curatissimo, la narrazione non lineare, l’introspezione è fitta e continua e porta a scavare nel profondo dell’animo del protagonista. Le tematiche poi sono così tante che non sarebbe possibile elencarle e trattarle tutte in una recensione (e molte probabilmente mi sono sfuggite alla prima lettura).
E’ uno di quei romanzi che prosciuga e si finisce la lettura stremati ed esausti. Ma è proprio questo l’intento dell’autore: dare al lettore un assaggio del peso che Leo deve portarsi.
E ancora la sensazione di non avere tutto ciò che ci spetta, di vedersi negati i propri diritti e insieme a quelli il proprio dolore, di volere tutto, come dice Leo, ma di doversi accontentare di qualcosa.


Irene