martedì 1 settembre 2015

L'arte del raccontare a tinte pastello - "I giovani" J.D. Salinger

JD Salinger, I giovani, il Saggiatore, 2015


L'anno scorso, approfittando degli sconti alla Feltrinelli, comprai il cofanetto delle opere complete di Salinger. Inutile dire che andò finito entro un mese.
Poco dopo averlo finito lessi sul giornale che dal 2015 al 2020 sarebbero usciti cinque libri inediti di Salinger – uno all'anno – e potete immaginare la mia gioia.


Ecco, la mia gioia si è dimezzata quando ho visto le dimensioni del primo volume in rapporto al prezzo. Sarò la centesima persona a dirlo, ma 12€ per 68 pagine sono davvero troppi, nonostante la postfazione di Giorgio Vasta (che è l'equivalente della fetta di torta a fine pasto). Ma grazie a dio esistono quei luoghi fatati chiamati “biblioteche” che dispensano libri gratuitamente.

Ma parliamo dei tre racconti contenuti nel libro. Il più bello è senza dubbio il primo, quello poi che dà il titolo alla raccolta (I giovani, per l'appunto).

Leggendo il racconto, fin dalle prime righe, mi aspettavo qualcosa. Forse per il titolo, forse per l'ambientazione, mi aspettavo che nel racconto sarebbe accaduto un evento particolarmente incisivo: un litigio, una dichiarazione, una rissa... qualcosa, insomma.

Alla terza pagina, Edna – la protagonista del racconto – dice:


Ma la festa è ancora giovane!” disse Edna. “E' il clou della serata.”

Il che?”

Il clou della serata. Cioè è ancora presto.”


Ed è quello che pensi leggendo: siamo solo a pagina tre e non è ancora successo nulla di entusiasmante. Edna e Bill stanno parlando senza effettivamente dirsi niente, ma qualcosa accadrà, no? Sono giovani, sono ad una festa, dovrebbero avere il fuoco nelle vene.

Ma niente. Andando avanti le aspettative continuano ad essere deluse, fino al finale, quando la protagonista si ritira – sconfitta e umiliata silenziosamente da una ragazza più bella e più interessante.

Esattamente come noi lettori, Edna rimane delusa dalla serata ed è come se questa delusione colasse, trasudasse dalle parole del racconto.

I giovani non parla di grandi gioie o grandi dolori, non parla di eroi o malvagi. Parla della noia, delle convenzioni sociali, di una ragazza che cerca di rendersi interessante agli occhi di uno sconosciuto mentre questo cerca di scrollarsela di dosso senza avere il coraggio di dirgli apertamente “non mi interessi”.

I giovani parla di aspettative deluse, di una festa che sembra essere sul punto di scoppiare da un momento all'altro ma che in realtà non porta da nessuna parte e che ci riporta a casa amareggiati e forse ci toglie una notte di sonno.

Ed è questa la genialità di questo racconto: il fatto che non accada nulla, ma che le emozioni dei personaggi (il disagio, la vergogna, il fastidio) siano ugualmente trasmesse al lettore in tutta la loro forza. E' come guardare un dipinto a tinte pastello e, quando chiudi gli occhi, vedere ancora i colori impressi nella retina.

E’ forse questo il talento di Salinger: dare voce ai protagonisti che non sono eroi, dare forma alle emozioni trascurate.


Il secondo racconto è forse quello che mi è piaciuto di meno.
Il racconto è – essenzialmente – il dialogo tra una donna e suo fratello. Da una parte abbiamo lui che impone, minaccia, sbraita e ricorre alle mani per far valere le proprie ragioni, nel perfetto stereotipo di maschio alfa che deve farsi rispettare, che comanda a bacchetta le donne della sua famiglia.

Dall’altra parte abbiamo la sorella che attua le strategie che invece vengono insegnate alle bambine: sviare l'argomento, girarci intorno, prendere tempo. In Va' da Eddie, Helen non smette un secondo di muovere le mani, di agghindarsi, di distrarre il fratello con discorsi secondari, con frasi di circostanza che servono solo ad allontanare l'altro interlocutore dal suo scopo.

Nella postfazione, Giorgio Vasta parla dell'importanza del linguaggio in Salinger, del potere della conversazione, di quanto uno scambio di battute possa essere caratteristico di due personaggi e anche questo racconto ne è un perfetto esempio.


Il terzo racconto, Una volta a settimana, vede protagonisti una giovane coppia di sposi. Lui sta per partire per la guerra e si vuole assicurare che la giovane moglie non trascuri l'anziana zia e che la porti al cinema una volta a settimana.

L’attenzione per i dettagli, il modo in cui Salinger ci fa capire la relazione di questa giovane coppia che forse cammina ancora sulle uova, o che non è mai riuscita a trovare la complicità che dovrebbe esserci tra marito e moglie, è secondo me perfettamente esplicata in questa frase:


«Non eri obbligata ad alzarti» le disse.

«Infatti era quello che volevo...»

Erano passati tre anni e non aveva ancora smesso di parlargli in corsivo.

«...non alzarmi!» gli disse.


La seconda parte del racconto vede la conversazione tra il giovane e la zia. Anche qui, il dialogo non porta da nessuna parte, forse perché una metà della conversazione non vuole accettare ciò che l'altra metà le sta dicendo e il tutto si conclude con una usuale amarezza di fondo e una foto strappata in otto e gettata nel cestino.


Sulla postfazione non c'è nulla da dire. Va letta perché da sola vale metà del libro e presenta spunti di riflessione per tutte le opere di Salinger e mi ha aiutato a comprendere meglio la genialità del primo racconto.


In definitiva, sarò la millesima persona a dirlo: leggete il libro, ma non compratelo. Forse prima o poi si degneranno di fare un'edizione economica o un angelo del cielo me ne farà trovare una copia fallata in un mercatino dell'usato. Fino ad allora, esistono le biblioteche: usatele! E con quei 12€ andate a mangiare fuori con gli amici.


Irene

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